ELENAVANNONI
theatre
ELENAVANNONI
theatre
frag-mente infernali
liberamente tratto dalla Divina Mimesis di P.P.Pasolini 100° Festival al Sophiensaele Berlino 2007
Solo una voce muta in questo tempo troppo occupato da altro. Così Pasolini si domanda che ruolo ha la Creazione artistica e che ruolo ha un Intellettuale oggi. Forse è per indagare questo senso di capovolgimento in cui l’effimero diviene essenziale, che il Poeta ripercorre, come Dante prima di lui, un suo Inferno, un nostro Inferno. Un Inferno neocapitalista e consumista dove il Resistere vacilla e la fuga diventa sempre più l’unica possibilità.
Note sull’autore e sul testo
Pier Paolo Pasolini, uno scrittore, un regista, uno dei più grandi intellettuali italiani, un veggente forse, ma soprattutto un Poeta. Nella Sua opera sconfinata, tra celluloide e carte, ho trovato una piccola perla, negletta, scritta poco prima di morire o meglio di essere ucciso.
Si tratta di frammenti, appunti, fotografie ingiallite, che seguendo il percorso iniziatico di Dante Alighieri nella Divina Commedia, ci trasportano in un suo Inferno, un Inferno neo-capitalistico, dove l’Anonimato e il Conformismo sono i peccati dei dannati che ne popolano i gironi.
Il tutto inizia con un viaggio, un viaggio in auto, tra le amate strade di Roma, per recarsi ad una festa di partito. Ma già all’entrata del cinema Splendid, dove si svolge questa festa, l’Autore sente “una stretta al cuore” “la millesima, la miliardesima stretta al cuore”. Non esiste più la “Luce della vecchia Verità”: quando ancora si moriva per un’Idea, per un Credo. Tutto è scolorito, tutto è polveroso, tutto è passato e il mondo fuori, quello dei nuovi valori, non aspetta altro che di entrare, come accade in questa ormai nostalgica riunione, dalla calotta semiaperta del cinema Splendid.
E la ragione comincia a vacillare: il Pasolini–Dante giunge a un sogno fuori dalla ragione. In un’oscura valle scorge in cima a un “Colle” la luce “del vecchio sole rinato”, e solo come “un bambino che non ha più casa, un soldato disperso” si arrampica su per la china.
Ma non è solo, in realtà: a fermare il suo “ solitario e scoraggiato salire”, arrivano la Lonza, il Leone e la Lupa, che il Pasolini-Dante ri-conosce accogliendo come propri i peccati che esse rappresentano.
E in fine ancora un’altra figura in cui ri-conoscersi, “ingiallita dal silenzio”: il Pasolini-Virgilio. Uno sdoppiamento che delude il Pasolini-Dante: “in una circostanza come quella, poteva capitarmi un incontro migliore, o almeno più romanzesco!”. Ma aggiunge anche “Eppure era chiaro che al mondo – nel mio mondo – non avrei potuto trovare – benché così misera, così, come dire, paesana, così timida – altra guida che questa.”
I due si apprestano ad incontrare i primi peccatori, che non sono neppure degni di varcare le porte dell’Inferno: “quelli che hanno eletto a proprio ideale una condizione per altro inevitabile: l’anonimato. La fatalità, la gloria, la condanna di essere “qualunque”.”
Ciò che ogni giorno incontriamo: persone senza identità, perse tra cellulari polifonici e auto lussuose che sostituiscono il “chi siamo” con il “ciò che abbiamo”. Abiti firmati e griffes che ricoprono connotati modificati chirurgicamente per essere tutti uguali, tutti con il naso all’insù e le tette rifatte.
Dopo questa sorta di Antinferno dove l’Anonimato sembra sostituire l’Ignavia dantesca, ci troviamo in quello che forse possiamo definire il primo girone ovvero il Limbo.
Nel IV canto di Pasolini il difetto non è, come per Dante, non essere stati battezzati, ma il Conformismo: ”Contro il nostro intimo conformismo non lottiamo che a tratti e con pigrizia…Odiamo il conformismo degli altri perché è questo che ci trattiene dall’interessarci al nostro. Ognuno di noi odia nell’altro come in un lager il proprio destino. Non sopportiamo che gli altri abbiano una vita e delle abitudini sotto un altro cielo.” E aggiunge anche:”Per questo è stato Hitler il nostro vero, assoluto eroe… Hitler, nostro eroe orrendo, incarnazione dei ragazzi infelici, che avrebbero voluto arrestare il suono delle campane dietro i campi di granturco, o le sirene infondo a prospettive di portici comunali – perché la piccola borghesia dormiente si destasse…”questi figli che nati dalla borghesia, rifiutando i propri padri e i valori che la borghesia rappresenta, si sono trovati ad eleggere “un Hitler”: “Hitler è stato il frutto dei loro figli poeti..”. E’ infatti nel Giardino dei Poeti in cui ora si trovano.
In quest’opera, Pasolini affronta il problema della creazione artistica nel nostro sistema. Nel Giardino dei Poeti appare Rimbaud, che ha rinnegato in vita la propria poesia, essendosi “mutilato” artisticamente, ed è proprio lui che individua il problema attorno a cui si costituisce l’intera opera. “La Madre: La Madre! Essa era dunque la regina dell’Inferno”, dice Pasolini-Dante, un’illuminazione avvenuta grazie alle parole di Rimbaud . La Madre intesa come la Creazione.
Messa in scena
Spettacolo rappresentato, in una forma ancora laboratoriale, il 3 febbraio 2007 in occasione del “100° Festival-Berlin” al Sophiensaele.
Nell’Inferno dantesco troviamo il Sommo Poeta che incontra, ”Nel mezzo del cammin di nostra vita”, quello che sarà la sua guida, quello da lui considerato il più grande dei poeti: Virgilio. Nella Divina Mimesis, Pasolini-Dante incontra Pasolini-Virgilio. La necessità di tale incontro, nasce da un momento di crisi che spinge Pasolini a ritrovarsi, a ritrovare il suo alter ego poetico.
Tutto inizia semplicemente: un giorno di festa forse, un giorno di primavera, e un incontro alla sede del Partito Comunista - tanto amato e ora così distante - il cinema Splendid per l’occasione.
I portali che splendono in contrasto con l’interno vecchio, polveroso e odorante di naftalina che….”stringe il cuore”. E la festa del Partito è popolata da vecchi stanchi, che non hanno più niente da dire. Per questo ho pensato di inserire in scena al loro posto dei manichini a grandezza naturale.
Ci sono anche giovani operai appena iscritti al partito, vestiti con i colori di moda in quel periodo: il rosso, il giallo, l’arancione, in totale contrasto con vecchi-manichini in completi scuri, polverosi.
C’è un unica luce: quella della Vecchia Verità, quella dei partigiani, quella di tutte quelle persone che hanno rischiato la vita per un’Idea. Idea tradotta sulla scena da un piccolo palco, illuminato da luce naturale, dove prende posto la musica: una cantante e un fisarmonicista che accompagnano con un leit-motiv l’intera azione.
Un'unica canzone popolare ripetuta nelle sue diverse forme: Bella Ciao (veniva cantata dalle mondine, poi diviene la canzone dei partigiani e successivamente quella della Sinistra).
La prima scena si apre con la costruzione del cinema Splendid, costituito da sei elementi modulari che andranno a comporre, per questa prima sequenza, il portale;
otto sedie: tre per i manichini, tre per i giovani, una per il senatore, una per Pasolini;
infine il palchetto della Vecchia Verità con la musica.
Pasolini è fuori, nel pubblico, nel mondo. Quel mondo al quale non sente più di appartenere.
L’entrata muta del Poeta, accolto da applausi sordi, fa scivolare il Pasolini-Dante in quel luogo, l’Inferno, che “altro non è che il mondo stesso”;
l’incontro con le tre fiere, il riconoscere e l’accogliere come propri i peccati che esse rappresentano;
l’incontro con il Pasolini-Virgilio, che lo condurrà, guida cinica e ingenua insieme, attraverso un se stesso dimenticato;
infine l’incontro con Rimbaud, nel Giardino dei Poeti.
Sulla scena il Giardino dei Poeti è costituito da una macchina celibe, destinata ad implodere, perché l’Arte non è merce di primo consumo e quindi o si sottomette alle leggi di mercato o scompare.
L’amato Rimbaud viene deposto da Pasolini-Dante come un Cristo con alle spalle la crocifissione dei manichini: oggi la vita ha così poco valore che possiamo solo uccidere gente già privata della vera vita.
Regia: Elena Vannoni
Collaborazione: Roberto Mantovani
Assistente alla regia: Jasmin Rana Schoeler
Dramaturgin: Bettina Jänisch
Personaggi / Attoriin frag-mente internali:
Pasolini-Virgilio Roberto Mantovani
Pasolini-Dante Chiara Visca
Lupa Andrea Schwemmer
Lonza Jessica Tietsche
Leone/RinbaudStefan Liebermann
Musica:
Fisarmonicista Javier Tucat Moreno
Cantante Anahi Setton
Foto di Scena: Silvano Mangnone